Vera Rubin e la materia oscura

Probabilmente nessuno di voi sa chi è Vera Rubin. Fino a un annetto fa non lo sapevo neanche io. Ma adesso è la mia scienziata preferita. Mi piace molto perché e una storia abbastanza vicina nel tempo e di una bambina qualunque.

Lei è americana nata il 23 luglio 1928 a Philadelphia da genitori stranieri. Aveva una sorella più grande di nome Ruth con cui litigava spessissimo. La sua passione per le stelle è nata proprio per questi litigi.

A undici anni si trasferì a Washington in una casa gigantesca dove ognuna avrebbe potuto avere la sua camera. Ma a Ruth venne l’idea di “sacrificare” una camera per farla diventare la stanza dei giochi. Io personalmente non avrei mai accettato, ma Vera accettò a una condizione. Fare una linea immaginaria che nessuna avrebbe oltrepassato. A quel punto bisogna scegliere da che parte avrebbe dormito una e da che parte avrebbe dormito l’altra. Ruth chiese a Vera da quale parte voleva dormire e Vera indicò la parte più brutta della stanza. Era convinta che a sua sorella toccasse sempre il meglio e rinunciava in partenza.

Quel pezzo di stanza aveva un grosso finestrone sotto la quale avevano sistemato il letto di Vera. Così cominciò a guardare le stelle prima di andare a dormire. Era affascinata dai loro movimenti. E soprattutto dalle meteore. Appena sveglia disegnava una mappa dove c’erano tutti i loro movimenti. I suoi non erano molto contenti che magari all’una di notte fosse ancora sveglia a guardare le stelle. Lei odiava la scuola (un punto su cui siamo molto simili). Era mancina ma la obbligavano a scrivere con la destra, questo è uno dei motivi per cui odiava la scuola.

Amava molto anche i giochi matematici che faceva combinando i numeri delle targhe. Le piacevano anche suonare il pianoforte e leggere. Insieme a suo padre costruì anche un telescopio casalingo. Ai genitori piaceva molto la sua passione, ad esempio la portavano al club degli astrofili. Sua madre non capiva bene cosa facesse ma ne era entusiasta. Un giorno chiese a sua madre di sviluppare delle foto. Ritraevano il movimento delle stelle. A dire il vero non ho mai capito com abbia fatto a fotografare lo spostamento delle galassie. Probabilmente è uno di quei misteri che non capirò mai.

Alle superiori odiava fisica. Forse perché i prof si ricordavano di sua sorella che era bravissima o forse non voleva somigliare a sua sorella, non si sa. Amava disegno industriale. Un’altra ipotesi sul fatto che odiasse la fisica era quella che il prof Himes cioè il suo professore di fisica fosse molto antipatico e per mia esperienza personale posso dire che l’amore per una materia dipende al 70% dall’insegnante. Alla fine dei 5 anni ha vinto una borsa di studio per il Vassar College e questo prof Himes le disse di stare distante dalle materie scientifiche. Cosa che lei non fece. E menomale perché se Vera fosse stata alla larga dalle materie scientifiche non sapremmo nulla della materia oscura che invece è gran parte dell’Universo. Al college studiava molte materie: astronomia, francese, inglese e matematica. Il professore di matematica era il suo preferito. Si chiamava Leo Gilbert.

Nell’estate del 1947 incontrò il suo futuro marito: Bob Rubin. Nel 1948, un anno dopo il loro incontro si sposò. Lei prosegui gli studi dopo la laurea a Cornell. Studiava i movimenti delle galassie. A 22 anni era appena diventata mamma del primo figlio (ne avrà 4 e tutti scienziati) e fu inviata a un convegno dell’American Astronomical Society. Ma nessuno prese sul serio il suo intervento. Solo nel 1950 il Washington Post fece un articolo che si intitolava: “Una giovane madre scopre il centro della creazione attraverso il moto delle stelle”.

Neanche nel 1954 venne presa sul serio la sua ricerca sulla distribuzione delle galassie. Osservò che le galassie non si distribuivano in modo omogeneo, ma a chiazze.

Fece anche molte battaglie, ad esempio quella del telescopio di Monte Palomar. Era vietato alle donne per un limitazione dei servizi. Nell’inverno del 1965 Vera era andata a Monte Palomar per usare altre attrezzature, ma al momento di ripartire il tempo era pessimo e rimase bloccata e un suo collega la accolse nella struttura del telescopio. A un certo punto Vera chiese di utilizzare i WC, ma a quanto pare ce n’era solo uno per gli uomini. Vera risolse il problema ritagliando una figurina di una donna e mettendola accanto a quella dell’uomo. Le donne non potevano usare quel telescopio solo per un gabinetto!

Quando iniziò a lavorare al Carnegie Institute incontrò un certo Kent Ford, insieme studiarono le galassie e scoprirono che tutte le galassie giravano alla stessa velocità. E questo si scontra con le teorie di Newton. Infatti esiste una materia che non riusciamo a vedere e riusciamo a percepirla solo in questo modo. Tutto quello che conosciamo è solo il 5%, la materia oscura il 27% e c’è un’altra cosa ancora più misteriosa chiamata energia oscura che è il restante 68% dell’Universo.

Le sue ricerche sono state così importanti che usiamo ancora adesso i suoi dati e le hanno dedicato un asteroide: l’asteroide 5726 Rubin.

Il 25 dicembre del 2016 muore a Princeton.

VeraVeraVera

Li conoscete tutti? E Tycho Brahe?

Chi è Tycho Brahe? Beh, è una domanda legittima! È un astronomo danese nato a Knutstorp il 14 dicembre 1546, un paesino dell’odierna Danimarca. Veniva da due famiglie ricchissime al servizio del re. Ma viveva con suo zio che si ammalò e morì dopo essersi tuffato in un canale per salvare il re che ci era caduto.

Strano ma vero, durante i suoi studi all’università andò a casa di un professore che aveva tenuto una piccola festa e discusse con un certo tipo sul talento matematico. La cosa si concluse con un duello che costò il naso al povero Tycho. Per precisare era il 1566.

Diciamo che è stato un po’ per caso che decise di diventare un astronomo: quando vide un nuovo punto nella costellazione di Cassiopea, vide che non cambiava molto nel cielo e quindi dedusse che doveva essere molto distante. Fece anche un piccolo libro: De Stella Nova. In effetti adesso sappiamo che quel puntino luminoso era una supernova. Il termine l’ha coniato lui.

Non so se l’ho già detto, ma Keplero fu un assistente di Brahe. Keplero cercò di convincere Tycho a passare al sistema eliocentrico ma Brahe credeva nel sistema geocentrico per ragioni che non vi sto a spiegare. Se volete sentir parlare di parallassi e cose varie andatevelo a cercare per conto vostro.

Comunque nel 1572 Brahe costruì uno dei primi istituti di ricerca: Uraniborg sull’isola di Hven (c’era anche Stjerneborg, ma Uraniborg era l’istituto principale) finanziata e donata dal re di Danimarca come riconoscenza verso lo zio che gli aveva salvato la vita.

Ma con la morte di quel re nel 1578 si dovette spostare a Praga dove l’imperatore romano consentì di costruire un nuovo osservatorio-castello dove poteva continuare le sue ricerche. Questo osservatorio si chiamava Benákty e distava 50 km da Praga (città fantastica per altro, ci sono stata e sotto Natale è bellissima).

Brahe creò un compromesso tra il sistema copernicano e quello tolemaico: la Terra era immobile e il Sole girava intorno trascinandosi dietro i pianeti. Un po’ come fa la Terra con la Luna.

Inoltre spianò la strada a Keplero che lavorò anche sulle sue osservazioni. Brahe morì il 24 ottobre 1601.

Tycho Brahe

Messer Messier, cataloghiamo i corpi celesti?

Avete mai sentito parlare del catalogo Messier? O avete mai visto il nome di un corpo celeste e a fianco magari scritto M25?

Quella M indica che fa parte del catalogo Messier che fu scritto da indovinate un po’… Charles Messier.

Charles è nato a Badonviller (una cittadina francese) il 26 giugno 1730 e morto a Parigi il 12 aprile 1817.

Messier era un astronomo francese che studiava e osservava soprattutto le comete. Era il decimo di dodici fratelli e i suoi genitori morirono quando aveva undici anni. Dieci anni dopo si trasferì a Parigi dove venne assunto da un altro astronomo che aveva un osservatorio privato. Il compito di Messier era tenere il registro di tutte le osservazioni di Joseph Nicolas Delisle, ma soprattutto di copiare due mappe: una della Grande Muraglia Cinese e l’altra di Pechino. Lavorando in un osservatorio la sua passione per l’astronomia (molto più rudimentale di adesso) si riaccese e Delisle gli insegnò a usare tutte le strumentazioni e Messier cominciò di nuovo ad osservare il cielo. Era il periodo del 1750 e tutti gli astronomi di tutto il mondo erano concentrati sulla prima apparizione della Cometa di Halley. Si era già vista alcune volte prima, ma dato che era una normale cometa, nessuno la cercava. La cometa in questione si era vista anche 33 giorni prima del perielio e Delisle calcolò la rotta e, con l’aiuto del telescopio, riuscì a vederla prima. Nel frattempo Messier aveva fatto una mappa celeste con disegnate sopra le traiettorie che Delisle aveva previsto.

Messier fu il primo a vedere la Cometa di Halley in tutta la Francia, riuscì a vederla 50 giorni prima del perielio anche se non con poche difficoltà. Piccolo particolare che fortunatamente (per Messier) non si diffuse: un contadino della Sassonia vide la cometa casualmente 1 mese prima di Messier e poi dopo alcuni giorni si vide anche in tutta la Germania. Fortunatamente la notizia non arrivò sino in Francia.

A un certo punto un certo Johann Tobias Mayer scrisse a Delisle che la prima volta la cometa era stata avvistata in Germania e allora Delisle decise di divulgare la notizia dell’avvistamento di Messier, anche perché non credeva alla storia del contadino fortunato.

Messier aveva già osservato altre comete prima di allora e aveva già fatto delle osservazioni niente male, ma le sue scoperte non furono mai pubblicate. Questo successe anche per un’altra cometa che Messier osservò in seguito. Ma la cosa strana è che Delisle non usava le informazioni che raccoglieva Messier.

Anni addietro Messier aveva scoperto una cometa che fu fondamentale per lui. Ma perché?

Perché questa cometa passò attraverso una nebulosa: la nebulosa M1 (che è quella del Granchio). Infatti il 12 settembre di quell’anno Charles iniziò il Catalogo Messier.

Nel frattempo Delisle abbandonò la sua carriera e andò a fare la carità. Con il campo libero Messier potè fare le sue osservazioni senza tenerle nascoste e così per 15 anni scoprì tutte le comete che sorvolavano il cielo di Parigi. Ricordiamo che non si osservavano le stelle con un mega telescopio che puntava da solo le stelle o i corpi celesti. Lì si rimaneva tutta la notte con l’occhio fissato all’obiettivo con un bel po’ d’Attack e qualche giro di nastro adesivo americano. Non era un compito facile, anche perché gli strumenti facevano schifo.

Ma le cose cominciano ad andare per il verso giusto. Messier aveva fondato una specie di società insieme a un suo amico che era molto bravo a calcolare le traiettorie. La cosa funzionava così: Messier osservava e dava i dati delle osservazioni al suo amico che calcolava la traiettoria. Inoltre Messier viene ammesso in praticamente tutte le accademie del mondo tranne una: quella parigina. Gli scienziati parigini lo accusavano di aver osservato troppo il cielo e quindi di aver trascurato la teoria. Ma dopo la morte di Le Caille, Messier diventò il più famoso astronomo di Francia e allora l’accademia parigina lo accettò e guarda caso il primo lavoro di Messier dopo essere entrato nell’Accademia fu il Catalogo di Nebulose e ammassi di stelle che si sono scoperti tra le stelle fisse sull’orizzonte di Parigi. Sì, era proprio questo il titolo del Catalogo Messier nel 1771 e a quell’epoca non c’erano 110 corpi celesti, ma solo 45.

Per un certo periodo di tempo (quello in cui scoprirono Urano) Messier dedicò un po’ del suo lavoro anche ai pianeti esterni del nostro Sistema Solare. Sempre dando tutte le informazioni all’amico (questo amico che si chiamava Bochart de Saron), fece una grande scoperta: Urano non era una cometa, ma un pianeta! La storia è più o meno quella della scoperta dell’America.

Sfortunatamente a Messier capitò un incidente: nel 1781 Messier entrò in una grotta che aveva catturato la sua attenzione… il problema è che questa grotta conduceva a una ghiacciaia: l’astronomo cadde e si fratturò un sacco di roba. Nonostante le cure fornite ci rimise un anno e tre mesi per poter tornare a osservare il cielo. La prima cosa che osservò dopo la caduta fu il passaggio di Mercurio.

Però cominciarono i duri anni della Rivoluzione e l’Accademia delle Scienze fu distrutta. Messier riuscì a farcela, ma dovette comunque attraversare momenti difficili. Gli sfuggì la possibilità di lavorare al sistema metrico internazionale. Malgrado ciò lui scoprì una nuova cometa, e il suo amico riuscì a calcolare la traiettoria due giorni prima che fosse condannato alla ghigliottina.

Messier morì all’età di 86 anni ma senza prima aver finito il suo catalogo. Per lui non era un opera importante: serviva solo a non farsi trarre in inganno. Perché con il suo telescopio alcuni corpi celesti sembravano comete e quindi lui li catalogò. L’astronomo francese che scoprì Urano catalogò migliaia di corpi celesti, ma a quelli catalogati da Messier non diede un altro nome.

A Messier è stato dedicato un asteroide e gli sono state attribuite le scoperte o le co-scoperte di 13 comete.